Mi ricordo che un giorno, alle scuole medie, dissi che avrei voluto conoscere il mio futuro, con tutta la naturalezza di chi sta facendo un’affermazione scontata. La professoressa di francese mi guardò stupita. Per lei era molto meglio non sapere cosa sarebbe successo. Ricordo che non capivo perché una persona non dovesse voler conoscere il proprio destino, ma ora capisco cosa intendeva. C’è chi vivrebbe meglio sapendo ogni cosa, e chi preferisce non sapere alcunché.
Credo che non ci sia una risposta corretta, un’opzione migliore. Credo solo che ci sia una domanda: influenzerebbe le nostre scelte conoscere il nostro destino? Sinceramente, non lo so.
È difficile fare delle scelte. Sono molte le variabili in gioco. Quando scegliamo quella che riteniamo la strada giusta per noi, non sappiamo se ci sono altre possibili vite davanti: una per ogni frase detta che avremmo potuto non dire, una per ogni deviazione che non abbiamo seguito, e una per ogni persona che non abbiamo voluto ascoltare.
Ma se ipoteticamente prima di nascere sapessimo già tutto? Tutto quello che ci capiterà, tutte le possibili deviazioni. Questo non ci preparerebbe a fare le scelte giuste? O renderebbe ancora più difficile scegliere, proprio perché sappiamo ciò che accadrà?
Scelta equivale a responsabilità. E forse io, a scuola, non volevo assumermi la responsabilità di dover compiere delle scelte che, percepivo, avrebbero influito sulla mia vita per sempre. Sapere cosa accadrà elimina, parzialmente, questa responsabilità: basta seguire le indicazioni.
Solo che non è così, nessun angelo scenderà dal cielo a cancellare l’oblio. Quindi siamo noi stessi gli unici responsabili delle nostre scelte e della nostra serenità. Ciò implica una responsabilità totalizzante su ogni cosa che riguarda il nostro mondo, interiore ed esteriore.

Ripenso ai miei mille “avrei dovuto”.
Quanti avrei dovuto mi sono detta nella vita. E ho sempre cercato una responsabilità esterna, non volevo ammettere che, effettivamente, avevo scelto io. Invece, se non ho preso in considerazione tutte le ipotesi, o me la sono giocata male, ne sono io responsabile.
Bene, allora a questo punto posso anche dirmi da sola ciò che devo o non devo pensare, ciò che mi deve o non deve preoccupare. Ciò che avrei dovuto e ciò che non avrei dovuto.
Posso fare a meno di rimproverarmi scelte e atteggiamenti, sbagli, opportunità perse. Non avrei dovuto fare nient’altro che quello che ho fatto.
Evoluzione rassegnata. Un passaggio dovuto, mai voluto. Necessario.
“Il ragazzo non era capace di fare una scelta, perché non sapeva cosa gli sarebbe capitato. Adesso che sa quello che gli capiterà, è incapace di fare una scelta.” – Mr. Nobody